Dalla cessione dell’abitazione può derivare una plusvalenza, vale a dire una differenza positiva tra l’incasso della vendita percepito e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione dell’immobile ceduto.
Questo valore, se deriva da una cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti da non più di 5 anni è considerato come uno dei redditi appartenenti alla categoria “redditi diversi” e, come tale, va tassato con le normali aliquote Irpef (la plusvalenza va, quindi, dichiarata nel modello Unico o nel modello 730). In altri termini, la plusvalenza concorre, insieme agli eventuali altri redditi del venditore, alla determinazione del suo reddito imponibile ai fini Irpef.
La plusvalenza NON è tassabile per:
• gli immobili pervenuti per successione o usucapione
• quelli ricevuti in donazione, se, con riferimento alla persona che ha donato l’immobile, sono trascorsi
cinque anni dall'acquisto o costruzione dello stesso
• le unità immobiliari urbane che, per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto (o la costruzione) e la cessione, sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, cioè, il coniuge, dei parenti entro il terzo grado e degli affini entro il secondo. Va considerato familiare anche il coniuge in regime di separazione.
Per la tassazione di queste plusvalenze è previsto anche un sistema alternativo a quello “ordinario”. Infatti, il venditore ha la facoltà di chiedere all'atto della cessione, con dichiarazione resa al notaio, che sulle plusvalenze realizzate sia applicata un'IMPOSTA SOSTITUTIVA di quella sul reddito. L’aliquota d’imposta sostitutiva applicabile è pari al 20%. Il notaio stesso provvede ad applicare e a versare l’imposta sostitutiva, ricevendo dal venditore la somma relativa.